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Documenti, 11/2011

Vangelo e cultura del Nord-est. Visita pastorale ad Aquileia e Venezia

Benedetto XVI
«Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita», di promozione della persona e della famiglia, di impegno per la giustizia e la solidarietà. D’altro canto i cambiamenti culturali in atto «chiedono di essere cristiani convinti» e capaci di affrontare le nuove sfide culturali. È l’indicazione di fondo del discorso che Benedetto XVI ha rivolto ad Aquileia, il 7 maggio scorso, all’Assemblea del II Convegno delle Chiese del Nord-est, che si terrà appunto ad Aquileia nel 2012 (cf. Regno-doc. 17,2010,553 e riquadro a p. 323). Parlando al mondo della cultura, dell’arte e dell’economia al termine dell’altra tappa della visita pastorale, la città e la Chiesa di Venezia, il papa, dopo aver ringraziato il patriarca card. Scola per l’accoglienza ricevuta, ha offerto una rilettura della realtà veneziana secondo tre metafore: quella di una città «d’acqua», ma non «liquida»; quella di Gesù «salute» dell’uomo; e quella di una comunità che può essere anche oggi «serenissima» se rimane sulla via del Vangelo.

Vangeli e cultura del Nord-est. Discorso all'Assemblea del II Convegno di Aquileia

Benedetto XVI
«Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita», di promozione della persona e della famiglia, di impegno per la giustizia e la solidarietà. D’altro canto i cambiamenti culturali in atto «chiedono di essere cristiani convinti» e capaci di affrontare le nuove sfide culturali. È l’indicazione di fondo del discorso che Benedetto XVI ha rivolto ad Aquileia, il 7 maggio scorso, all’Assemblea del II Convegno delle Chiese del Nord-est, che si terrà appunto ad Aquileia nel 2012 (cf. Regno-doc. 17,2010,553 e riquadro a p. 323). Parlando al mondo della cultura, dell’arte e dell’economia al termine dell’altra tappa della visita pastorale, la città e la Chiesa di Venezia, il papa, dopo aver ringraziato il patriarca card. Scola per l’accoglienza ricevuta, ha offerto una rilettura della realtà veneziana secondo tre metafore: quella di una città «d’acqua», ma non «liquida»; quella di Gesù «salute» dell’uomo; e quella di una comunità che può essere anche oggi «serenissima» se rimane sulla via del Vangelo.

Il grazie dei vescovi del Nord-est

I vescovi della Conferenza episcopale triveneta
Dopo la visita di Benedetto XVI il 7-8 maggio ad Aquileia e Venezia, che si pone come un momento saliente nel percorso di preparazione che porterà le diocesi del Nord-est a celebrare il II Convegno di Aquileia (aprile 2012; cf. Regno-doc. 17,2010,553), durante l’assemblea della Conferenza episcopale triveneta a Zelarino (Venezia) il 31 maggio i vescovi hanno redatto una lettera di ringraziamento al papa (originale in nostro possesso).

Vangelo e cultura del Nord-est. Discorso al mondo della cultura, dell'arte e dell'economia

Benedetto XVI
«Dalla fede vissuta con coraggio scaturisce, anche oggi come in passato, una feconda cultura fatta di amore alla vita», di promozione della persona e della famiglia, di impegno per la giustizia e la solidarietà. D’altro canto i cambiamenti culturali in atto «chiedono di essere cristiani convinti» e capaci di affrontare le nuove sfide culturali. È l’indicazione di fondo del discorso che Benedetto XVI ha rivolto ad Aquileia, il 7 maggio scorso, all’Assemblea del II Convegno delle Chiese del Nord-est, che si terrà appunto ad Aquileia nel 2012 (cf. Regno-doc. 17,2010,553 e riquadro a p. 323). Parlando al mondo della cultura, dell’arte e dell’economia al termine dell’altra tappa della visita pastorale, la città e la Chiesa di Venezia, il papa, dopo aver ringraziato il patriarca card. Scola per l’accoglienza ricevuta, ha offerto una rilettura della realtà veneziana secondo tre metafore: quella di una città «d’acqua», ma non «liquida»; quella di Gesù «salute» dell’uomo; e quella di una comunità che può essere anche oggi «serenissima» se rimane sulla via del Vangelo.

Universae Ecclesiae

Pontificia commissione «Ecclesia Dei»; W. Card. Levada; G. Pozzo
Sono trascorsi quasi quattro anni dal motu proprio di Benedetto XVI Summorum pontificum del 2007, che liberalizzava l’uso del Missale romanum preconciliare come forma straordinaria del rito latino accanto alla forma ordinaria secondo il Messale approvato da Paolo VI nel 1970, esito della riforma liturgica del concilio Vaticano II. La Summorum pontificum chiedeva a tutti i vescovi un rapporto dopo tre anni di applicazione. Il 13 maggio scorso la Pontificia commissione «Ecclesia Dei» – organismo incaricato della vigilanza in materia, nel 2009 riformato nel senso di un più stretto collegamento con la Congregazione per la dottrina della fede (cf. Regno-doc. 15,2009,495) – ha emanato un’istruzione dal titolo Universae Ecclesiae sull’applicazione della lettera apostolica, che fa appello ai vescovi e ai pastori delle Chiese locali perché rispondano generosamente a quanti chiedono la celebrazione della messa secondo il vecchio Messale, purché ciò non sia fatto a contestazione della validità del nuovo rito.

Un nuovo movimento liturgico. Card. Kurt Koch sul motu proprio Summorum pontificum

K. Card. Koch
«Il papa ritiene che sia oggi indispensabile un nuovo movimento liturgico, che nel passato egli ha definito come “riforma della riforma” della liturgia… Benedetto XVI infatti sa bene che, a lungo termine, non possiamo fermarci a una coesistenza tra la forma ordinaria e la forma straordinaria del rito romano, ma che la Chiesa avrà nuovamente bisogno nel futuro di un rito comune». L’intervento del presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani card. Kurt Koch al III Convegno alla Pontificia università San Tommaso d’Aquino sul motu proprio Summorum pontificum («Una speranza per tutta la Chiesa», Roma, 14 maggio 2011), di cui L’Osservatore romano ha pubblicato ampi stralci, rivela che la riabilitazione del rito pre-conciliare ha per il papa una funzione di «riconciliazione all’interno della Chiesa» e di «ponte ecumenico»: «Se l’ecumenismo intra-cattolico fallisce, la controversia cattolica sulla liturgia si estenderà anche all’ecumenismo e la liturgia antica non potrà svolgere la sua funzione ecumenica di costruttrice di ponti».

Linee guida sulla pedofilia. Entro maggio 2012: Lettera di presentazione

Congregazione per la dottrina della fede; W. card. Levada
Affrontare «tempestivamente il problema » delle violenze sessuali dei preti sui minori all’interno della Chiesa cattolica, «rispettare la competenza fondamentale dei vescovi diocesani», dare «attenzione prioritaria alle vittime» sono i tre principali criteri che hanno ispirato la stesura di una lettera circolare che la Congregazione per la dottrina della fede ha indirizzato alle diverse conferenze episcopali lo scorso 3 maggio (cf. Regno-att. 10,2011,299) per aiutarle nella stesura di linee guida di cui esse si dovranno dotare entro il maggio 2012. Così ha sintetizzato il testo p. Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, presentandolo lo scorso 16 maggio. Nella lettera con cui il card. Levada ha accompagnato l’invio della circolare agli episcopati, egli ha insistito sulla necessità da un lato d’arrivare in un breve lasso di tempo a «procedure chiare e coordinate» e dall’altro di produrre indicazioni per affrontare «le situazioni concrete delle giurisdizioni » in cui le diverse conferenze episcopali si trovano a ope rare.

Linee guida sulla pedofilia. Alle conferenze episcopali: lettera circolare

Congregazione per la dottrina della fede; W. card. Levada; L.F. Ladaria
Affrontare «tempestivamente il problema » delle violenze sessuali dei preti sui minori all’interno della Chiesa cattolica, «rispettare la competenza fondamentale dei vescovi diocesani», dare «attenzione prioritaria alle vittime» sono i tre principali criteri che hanno ispirato la stesura di una lettera circolare che la Congregazione per la dottrina della fede ha indirizzato alle diverse conferenze episcopali lo scorso 3 maggio (cf. Regno-att. 10,2011,299) per aiutarle nella stesura di linee guida di cui esse si dovranno dotare entro il maggio 2012. Così ha sintetizzato il testo p. Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, presentandolo lo scorso 16 maggio. Nella lettera con cui il card. Levada ha accompagnato l’invio della circolare agli episcopati, egli ha insistito sulla necessità da un lato d’arrivare in un breve lasso di tempo a «procedure chiare e coordinate» e dall’altro di produrre indicazioni per affrontare «le situazioni concrete delle giurisdizioni » in cui le diverse conferenze episcopali si trovano a ope rare.
Disponibile per tutti

Il perché delle violenze dei preti sui minori. Rapporto 2011. J. Jay Institute for Criminal Justice

J. Jay Institute for Criminal Justice

I pedofili propriamente detti sono pochi tra i sacerdoti colpevoli di violenze sessuali. Infatti «le caratteristiche individuali non danno indicazioni utili a prevedere che un prete potrà commettere violenze sessuali su minori. Piuttosto sono le vulnerabilità che si sommano a situazioni di stress e a certe occasioni che fanno aumentare il rischio di violenze», così come avviene per i non chierici. È questa una delle principali conclusioni a cui è giunto il secondo rapporto sulle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti cattolici, commissionato dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, reso noto in maggio e di cui pubblichiamo il capitolo 6. Dopo il rapporto pubblicato nel 2004 (cf. Regno-att. 6,2004,166), oggi l’istituto legato all’Università di New York afferma che né il celibato obbligatorio né l’omosessualità sono di per sé «la» causa delle violenze, che ha invece radice nei recenti rivolgimenti sociali. La Chiesa ha risposto con «un vero e proprio cambiamento » che tuttavia sarà completo solo quando la trasparenza, l’operatività, la responsabilità saranno parte integrante delle sue strutture.

Tipologie di violenze

M.E. Gandolfi
I pedofili propriamente detti sono pochi tra i sacerdoti colpevoli di violenze sessuali. Infatti «le caratteristiche individuali non danno indicazioni utili a prevedere che un prete potrà commettere violenze sessuali su minori. Piuttosto sono le vulnerabilità che si sommano a situazioni di stress e a certe occasioni che fanno aumentare il rischio di violenze», così come avviene per i non chierici. È questa una delle principali conclusioni a cui è giunto il secondo rapporto sulle violenze sessuali su minori da parte di sacerdoti cattolici, commissionato dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, reso noto in maggio e di cui pubblichiamo il capitolo 6. Dopo il rapporto pubblicato nel 2004 (cf. Regno-att. 6,2004,166), oggi l’istituto legato all’Università di New York afferma che né il celibato obbligatorio né l’omosessualità sono di per sé «la» causa delle violenze, che ha invece radice nei recenti rivolgimenti sociali. La Chiesa ha risposto con «un vero e proprio cambiamento » che tuttavia sarà completo solo quando la trasparenza, l’operatività, la responsabilità saranno parte integrante delle sue strutture.

Le violenze dei preti sui minori: una dinamica di sistema

L.M. Saffiotti
«Personalmente sono convinta, e qui vorrei dimostrarlo» che la crisi delle violenze sessuali perpetrate da sacerdoti e religiosi ai danni di minori «è la conseguenza della modalità di esercizio del potere da parte delle autorità della Chiesa, degli insegnamenti ufficiali in materia di sessualità e dell’interrelazione fra queste due realtà, che sono entrambe formate dalla cultura clericale e, a loro volta, la rafforzano». È netta la tesi di Luisa M. Saffiotti, PhD, psicologa americana «impegnata nella prevenzione delle violenze e nell’elaborazione di programmi per formatori e candidati al ministero e di strumenti per le guide delle comunità cristiane» dopo aver valutato e curato sacerdoti autori di violenze sessuali al Saint Luke Institute di Silver Spring, Maryland (cf. Regno-att. 14,2005,487). Al termine della sua serrata argomentazione, una breve serie di raccomandazioni per la formazione dei futuri sacerdoti insiste soprattutto sull’importanza di esercitare il potere nella Chiesa secondo una modalità pastorale e relazionale, e degli ostacoli che la cultura clericale frappone a tale modalità di esercizio.

Nel silenzio la Parola. Lettera pastorale di mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze

G. Betori
«Il silenzio come mistero gravido di futuro e la parola come rivelazione sono l’intreccio della nostra esperienza di Dio». Sul rapporto tra la parola e il silenzio e sul valore teologale della loro relazione è intessuta la prima lettera pastorale da arcivescovo di Firenze di mons. Giuseppe Betori. Nella lettera, datata significativamente all’ultimo Sabato santo (23.4.2011) e diffusa agli inizi di maggio, si sottolinea come il frastuono, che soffoca oggi ogni spazio di silenzio, renda urgente rieducarsi a «nutrire la parola», compresa quella di verità del Vangelo, «del dovuto silenzio», spazio nella cui potenza – «che vuole quasi garantirci che c’è un ineffabile» – si affaccia l’inesauribile mistero dell’esistenza. «Il silenzio è anche il vertice della comunicazione stessa di Dio. Egli – prosegue Betori – non solo ci parla nel silenzio, ma anche attraverso il silenzio», come nel mistero, così vicino alla spiritualità contemporanea, del Sabato santo, giorno del nascondimento di Dio e insieme «grembo fecondo della sua nuova creazione». E conclude: «La fiducia nel silenzio e, al tempo stesso, nella parola (…) apre l’accesso al potere salvifico del colloquio di Dio con l’umanità».

Comunione e discernimento per il bene del paese. LXIII Assemblea generale della CEI

A. card. Bagnasco; Episcopato italiano
«La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile (…). La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre più». È stato questo, in pieno clima elettorale (cf. Regno-att. 10,2011,296ss), il passaggio più ripreso dalla prolusione con la quale il card. Bagnasco ha aperto l’Assemblea generale della CEI, celebrata a Roma dal 23 al 27 maggio. Diversi i temi affrontati a partire da una rilettura della «sublime testimonianza» di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua beatificazione. La questione giovanile ha avuto ampio spazio sia nella prolusione che nei lavori d’Assemblea: sul versante dell’impegno educativo e culturale, con riferimento agli Orientamenti pastorali; in vista dell’ormai prossima Giornata mondiale della gioventù; per l’angosciante situazione del lavoro che, mancante o precario, compromette «la tranquillità delle persone, la progettualità delle famiglie e il futuro dei giovani». I vescovi hanno inoltre «esaminato e approvato la seconda parte dei materiali della terza edizione italiana del Messale romano», nonché – in preghiera col papa – «rinnovato l’affidamento dell’Italia alla vergine Madre», nel 150° anniversario dell’unità politica (cf. riquadro alle pp. 366-367).

Comunione e discernimento per il bene del paese. Dare voce al paese sano: Prolusione

A. card. Bagnasco
«La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile (…). La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre più». È stato questo, in pieno clima elettorale (cf. Regno-att. 10,2011,296ss), il passaggio più ripreso dalla prolusione con la quale il card. Bagnasco ha aperto l’Assemblea generale della CEI, celebrata a Roma dal 23 al 27 maggio. Diversi i temi affrontati a partire da una rilettura della «sublime testimonianza» di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua beatificazione. La questione giovanile ha avuto ampio spazio sia nella prolusione che nei lavori d’Assemblea: sul versante dell’impegno educativo e culturale, con riferimento agli Orientamenti pastorali; in vista dell’ormai prossima Giornata mondiale della gioventù; per l’angosciante situazione del lavoro che, mancante o precario, compromette «la tranquillità delle persone, la progettualità delle famiglie e il futuro dei giovani». I vescovi hanno inoltre «esaminato e approvato la seconda parte dei materiali della terza edizione italiana del Messale romano», nonché – in preghiera col papa – «rinnovato l’affidamento dell’Italia alla vergine Madre», nel 150° anniversario dell’unità politica (cf. riquadro alle pp. 366-367).

Affidiamo l'Italia a Maria

Benedetto XVI
Ricorrendo il 150° dell’unità d’Italia, il programma della LXIIIAssemblea generale della CEI è stato arricchito di un significativo momento di preghiera. Giovedì 26 maggio, in serata, i vescovi si sono raccolti nella basilica romana di Santa Maria maggiore per la recita del rosario insieme al santo padre. È stata l’occasione per affidare alla protezione materna di Maria l’intero popolo italiano e invocare l’intercessione della Madre di Dio per tutte le necessità del paese. Pubblichiamo il discorso tenuto in quella sede da Benedetto XVI.

Comunione e discernimento per il bene del paese. Impegno educativo, nuovo Messale: Comunicato finale

A. card. Bagnasco; Episcopato italiano
«La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile (…). La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre più». È stato questo, in pieno clima elettorale (cf. Regno-att. 10,2011,296ss), il passaggio più ripreso dalla prolusione con la quale il card. Bagnasco ha aperto l’Assemblea generale della CEI, celebrata a Roma dal 23 al 27 maggio. Diversi i temi affrontati a partire da una rilettura della «sublime testimonianza» di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua beatificazione. La questione giovanile ha avuto ampio spazio sia nella prolusione che nei lavori d’Assemblea: sul versante dell’impegno educativo e culturale, con riferimento agli Orientamenti pastorali; in vista dell’ormai prossima Giornata mondiale della gioventù; per l’angosciante situazione del lavoro che, mancante o precario, compromette «la tranquillità delle persone, la progettualità delle famiglie e il futuro dei giovani». I vescovi hanno inoltre «esaminato e approvato la seconda parte dei materiali della terza edizione italiana del Messale romano», nonché – in preghiera col papa – «rinnovato l’affidamento dell’Italia alla vergine Madre», nel 150° anniversario dell’unità politica (cf. riquadro alle pp. 366-367).

Cattolici a confronto. Mons. Mariano Crociata a parlamentari cattolici

M. Crociata
Poiché i cattolici anche in politica sono oggi «su fronti diversi» c’è necessità «di ritrovare sempre di nuovo le fila di un legame che precede ogni differenziazione», per andare oltre – attraverso il «dialogo» – il «carattere contingente della scelta politica di schieramento». È l’auspicio che mons. Crociata, segretario generale della CEI, ha formulato intervenendo a un incontro di parlamentari cattolici di diversi schieramenti politici organizzato presso la Camera dei deputati il 30 maggio scorso e intitolato «Cattolici e cattolici a confronto». Da un lato – ha proseguito mons. Crociata – ciò implica che «nessuna scelta politica può tradurre compiutamente la visione cristiana» e dall’altro che la fede deve poter incidere anche sulle scelte politiche. Tuttavia – ha messo in guardia il presule – «riconoscere la presenza di Dio nello spazio pubblico» non deve dare adito a «equivoci integralistici», ma bensì mantenere «lo statuto secolare autonomo delle realtà terrene». Oggi – ha concluso – «la presenza dei cattolici nei vari partiti è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte».

I frutti della grazia. Mons. Gérard Daucourt, Nanterre, per i 10 anni della Charta oecumenica

G. Daucourt
Subito dopo la firma della Charta oecumenica, il 22 aprile 2001 a Strasburgo, da parte dei presidenti dei più rappresentativi consigli di vescovi europei, cioè il card. Miloslav Vlk per il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE, vescovi cattolici) e il metropolita Jérémie Kaligiorgis per la Conferenza delle Chiese europee (KEK, vescovi protestanti e ortodossi), «si poteva percepire non soltanto un interesse, ma talvolta un vero e proprio entusiasmo che ridava freschezza e speranza, come forse avvenne dopo la famosa assemblea di Edimburgo nel 1910 o negli anni immediatamente successivi al concilio Vaticano II». Dieci anni dopo, ha detto mons. Gérard Daucourt, vescovo di Nanterre, il 9 maggio nel corso della giornata commemorativa «10 anni. Charta oecumenica» organizzata da CCEE e KEK presso l’Istituto ecumenico dell’Università di Friburgo, «lo slancio non sembra più altrettanto vigoroso». Tuttavia il processo di recezione ha portato alcuni frutti riconoscibili, accanto ai quali è oggi necessario discernere le chiamate per il presente: in primis un rinnovato anelito all’unità visibile e un rapporto fraterno con i musulmani in Europa.