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Documenti, 11/2005, 01/06/2005, pag. 273

Tra la Scrittura e la prospettiva escatologica

J. Wicks
«Spesso l’ARCIC ha usato linguaggi e prospettive nuove, o ha rivisitato linguaggi e prospettive del passato, per far venire fuori ciò che abbiamo in comune e ciò che possiamo dire insieme. (...) La prospettiva realmente nuova che abbiamo introdotto nel nostro lavoro è stata quella della teologia paolina» (Sagovsky). «A proposito delle riflessioni teologiche sulla grazia di Dio nei primi istanti della vita di Maria e sulla sua condizione dopo la morte, l’ARCIC elabora creativamente una prospettiva escatologica offerta dalla rilevante importanza attribuita da Paolo alla salvezza che penetra le nostre esistenze umane» (Wicks). Convergono i commenti in ambito anglicano e in ambito cattolico (il prof. Sagovsky è canonico dell’abbazia di Westminster, il prof. Wicks, gesuita, è professore alla John Carroll University di Cleveland, nell’Ohio), nel sottolineare, insieme al radicamento nella Scrittura, il forte raccordo con la teologia di Paolo come elemento originale caratterizzante la mariologia di Maria: grazia e speranza in Cristo, il documento pubblicato a Seattle lo scorso maggio dalla Commissione internazionale anglicana – cattolica romana (ARCIC; il testo in questo numero alle pp. 257-270). Quanto al copresidente anglicano, l’arcivescovo di Perth, egli non ha dubbi: lo ritiene «uno dei documenti più importanti nella storai dell’ecumenismo moderno» (cf. riquadro alle pp. 278-279).

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De Ecclesia: le domande e le risposte

J. Wicks
«Il Vaticano II ha prodotto un insegnamento ecclesiologico incompiuto e tuttavia molto ampio e sostanzioso che non esisteva prima del Concilio. Si è trattato di una riforma dell’insegnamento e di uno sviluppo della dottrina». Per questo, e per il genere letterario a domanda e risposta atto a trattare temi specifici in modo circostanziato, le Risposte della Congregazione per la dottrina della fede a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa (in questo numero a p. 468) possono essere correttamente comprese solo situate nel contesto di tutto il restante magistero, sia conciliare sia successivo: in particolare la costituzione dogmatica conciliare Lumen gentium, il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio e l’enciclica di Giovanni Paolo II Ut unum sint sull’impegno ecumenico della Chiesa cattolica. Il saggio dell’ecumenista Jared Wicks sj, docente alla John Carroll University di Cleveland (Ohio, USA) e consultore del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, mette in luce in particolare la rilevanza dell’insegnamento, ribadito dalle Risposte, sui «numerosi elementi di santificazione e di verità» presenti nelle altre Chiese e comunità ecclesiali.
Documenti, 2005-11

Il modello della grazia e della speranza

N. Sagovsky – J. Wicks sulla Dichiarazione di Seattle
«Spesso l’ARCIC ha usato linguaggi e prospettive nuove, o ha rivisitato linguaggi e prospettive del passato, per far venire fuori ciò che abbiamo in comune e ciò che possiamo dire insieme. (...) La prospettiva realmente nuova che abbiamo introdotto nel nostro lavoro è stata quella della teologia paolina» (Sagovsky). «A proposito delle riflessioni teologiche sulla grazia di Dio nei primi istanti della vita di Maria e sulla sua condizione dopo la morte, l’ARCIC elabora creativamente una prospettiva escatologica offerta dalla rilevante importanza attribuita da Paolo alla salvezza che penetra le nostre esistenze umane» (Wicks). Convergono i commenti in ambito anglicano e in ambito cattolico (il prof. Sagovsky è canonico dell’abbazia di Westminster, il prof. Wicks, gesuita, è professore alla John Carroll University di Cleveland, nell’Ohio), nel sottolineare, insieme al radicamento nella Scrittura, il forte raccordo con la teologia di Paolo come elemento originale caratterizzante la mariologia di Maria: grazia e speranza in Cristo, il documento pubblicato a Seattle lo scorso maggio dalla Commissione internazionale anglicana – cattolica romana (ARCIC; il testo in questo numero alle pp. 257-270). Quanto al copresidente anglicano, l’arcivescovo di Perth, egli non ha dubbi: lo ritiene «uno dei documenti più importanti nella storai dell’ecumenismo moderno» (cf. riquadro alle pp. 278-279).