D
Documenti
Documenti, 21/2003, 01/11/2003, pag. 693

Storia della razza nera e razza africana

B. Adoukonou
La lunga (1-12.10.2003) e articolata XIII Assemblea generale del Simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar (SCEAM), che si è tenuta a Dakar (Senegal), ha dedicato una sessione specifica al tema delle conseguenze della tratta dei neri sulla storia e la pastorale africana. P. Barthélémy Adoukonou, teologo e segretario generale della Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale francofona (CERAO), ha analizzato nella sua relazione (4.10) dal punto di vista storico, antropologico e psicologico le conseguenze di una doverosa purificazione della memoria per le complicità africane nella tratta dei neri e per il lungo silenzio della Chiesa africana. Occorre - ha detto p. Adoukonou - che vi sia la conversione di una mentalità troppo spesso stretta tra senso d'impotenza e rivendicazioni: «Accusare un bianco non serve a dare ragione a un nero». Ciò che serve oggi all'Africa per risollevarsi è un'umanità «capace di assumere il proprio destino e di rispondere di tanti progetti generosi di sviluppo del continente». Il giorno successivo, 5 ottobre, l'Assemblea si è recata alla Casa degli schiavi di Gorée per una cerimonia liturgica di richiesta di perdono - di cui qui riproduciamo il testo - affidando a un Messaggio (Regno-att. 18,2003,595) la richiesta di perdono per quello che fu definito da Pio II nel 1462, e ripreso da Giovanni Paolo II nella sua visita del 1992, «magnum scelus».

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Documenti, 2008-7

Africa: guarigione delle memorie: Barthélemy Adoukonou, segretario generale della CERAO

B. Adoukonou
«La legge del silenzio ha regnato a lungo sulla tratta dei neri e sullo schiavismo» anche nella Chiesa. Solo con Giovanni Paolo II (1985) è stata formulata una richiesta di perdono per lo schiavismo, poi ripresa nel giubileo del 2000 e infine portata a compimento dall’episcopato africano a Gorée nel 2003 (cf. Regno-doc. 21,2003,693ss). Non si tratta però di rivendicare solamente un diritto calpestato, presupposto in base al quale operano i tribunali dell’ONU o le commissioni verità e riconciliazione, ma di assumere un «paradigma storico» plurale dove i neri sono sia vittime sia carnefici e che sia in grado di liberare anche dalle schiavitù attuali. Lo sostiene padre Adoukonou, segretario generale della Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale francofona (CERAO), nella sua relazione – Riconciliazione e guarigione delle memorie – al II seminario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (13-18.11.2007, Cape Coast, Ghana), organizzato in occasione del 200° anniversario della fine della schiavitù in Africa, intitolata «“Conosco le sofferenze del mio popolo” (Es 3,7). La schiavitù e le nuove schiavitù» (per quello del 2004 cf. Regno-att. 20,2004,680).