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Documenti, 21/2002, 01/11/2002, pag. 714

Le risoluzioni dell'ONU sull'Iraq

M.E. G.
Il 2 agosto 1990 le truppe irachene invadevano il Kuwait, aprendo così una crisi che, nonostante due massicci interventi militari – nel gennaio 1991 a partire da una coalizione guidata dagli Stati Uniti e formata da 26 paesi e nel dicembre 1998 con i raid aerei anglo-statunitensi – e reiterate risoluzioni dell’ONU, tuttora rimane irrisolta. L’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 e le sue possibili connessioni con il regime iracheno, unitamente alle tensioni createsi durante le missioni degli ispettori dell’ONU, hanno conferito un peso sempre maggiore al disegno politico statunitense «intransigente» di rovesciare il regime di Saddam Hussein. In questo quadro, le risoluzioni dell’ONU (cf. riquadro a p. 714) hanno costituito un quadro giuridico di riferimento, di cui anche l’intervento militare ha dovuto tener conto. Inizialmente preoccupata di ripristinare i confini tra Iraq e Kuwait, l’ONU si è spostata sul tema delle sanzioni economiche a fronte del rifiuto di Saddam Hussein delle ispezioni degli arsenali militari, fino a quello del completo smantellamento delle armi di «distruzione di massa», nucleari, chimiche e batteriologiche. La risoluzione 1441 (adottata dal Consiglio di sicurezza nella sua 4.644a seduta, l’8.11.2002), che «avverte» l’Iraq che «affronterà gravi conseguenze per effetto delle sue continue violazioni dei suoi obblighi», costituisce una prima sintesi del percorso di questa crisi e un ultimatum in caso d’inadempienza delle sue richieste. Alla votazione hanno preso parte: Bulgaria, Camerun, Colombia, Guinea, Irlanda, Maurizio, Messico, Norvegia, Russia, Singapore, Siria, oltre ai cinque membri permanenti (Cina, Francia, Inghilterra, Russia, Stati Uniti).

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