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Documenti, 17/2001, 01/09/2001, pag. 589

Verità della fede e dialogo delle culture

Card. Christoph Schönborn
Il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, su invito della «Islamic Culture and Relations Organization» si è recato in Iran nello scorso mese di febbraio (17-22). Nel corso del viaggio Schönborn ha incontrato, tra l’altro, l’ayatollah Khamenei, leader religioso del paese, e il ministro iraniano della cultura, M. Jamei. Il 20 febbraio ha tenuto presso l’Università Iman-Sadr di Teheran una conferenza dal titolo «Dialogo fra le culture per una civiltà dell'amore e della pace», che ha visto un’ampia partecipazione di pubblico, e di cui offriamo al lettore la traduzione in lingua italiana. Il fuoco dell’intervento è quello del «dialogo fra le culture», cui l’ONU, su proposta del presidente iraniano Seyed Mohammad Khatami, ha dedicato l’anno 2001. Sottolineando la necessità di una maggiore e più approfondita conoscenza reciproca, quale elemento essenziale per risolvere incomprensioni e timori, l’arcivescovo di Vienna si è fatto carico del peso conflittuale della storia del rapporto fra islam e Occidente toccando i temi che, a livello culturale e delle fedi religiose, più appesantiscono lo stato attuale delle relazioni: modernità e custodia del patrimonio tradizionale, religione rivelata e affermazione storica della verità. Le religioni quali sentinelle del dovere etico che governa l’uso delle tecnologie, e il dialogo quale strumento di incontro e di affermazione delle diverse identità culturali e religiose: «Un elemento importante del “dialogo delle culture” è certamente la cura della memoria e la coscienza delle relazioni storiche, per comprendere meglio il presente... Nel dialogo fra le civiltà occorre anche assumere insieme la nostra responsabilità nei riguardi delle nostre attuali conoscenze e capacità». Originale: stampa da supporto magnetico in nostro possesso. Nostra traduzione dal tedesco; sottotitoli redazionali.

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Documenti, 2016-9

Per la recezione dell’Amoris laetitia

Nella conferenza stampa di presentazione dell’esortazione apostolica postsinodale

Card. Christoph Schönborn

«Papa Francesco riesce, con i lavori di ambedue i Sinodi, a rivolgere alle famiglie uno sguardo positivo, profondamente ricco di speranza. Ma questo sguardo incoraggiante sulle famiglie richiede quella “conversione pastorale” di cui l’Evangelii gaudium parlava in maniera così entusiasmante». La presentazione dell’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, che il card. Christoph Schönborn ha fatto l’8 aprile nella Sala stampa vaticana in occasione della pubblicazione del documento, pone l’accento sulla novità di linguaggio del testo, che recepisce e conferma il confronto avvenuto nei due Sinodi dei vescovi sulla famiglia, quello del 2014 e quello del 2015. Insieme, contestualizza l’Amoris laetitia nelle linee programmatiche del pontificato tracciate con l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. È stato lo stesso Francesco – nel viaggio aereo di ritorno da Lesbo, il 16 aprile – a raccomandare la lettura della presentazione del card. Schönborn, per capire quali «nuove possibilità concrete» vi siano nella prassi pastorale che riguarda la famiglia.

Documenti, 2015-37

Il Sinodo e il suo metodo

Alla commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi

Card. Christoph Schönborn
Il 17 ottobre, nell’Aula Paolo VI, si è tenuta la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi. Dopo l’introduzione del segretario generale del Sinodo, card. Baldisseri, ha preso la parola il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, cui era affidata la relazione commemorativa. Il suo intervento si è soffermato in particolare sulla metodologia del Sinodo: «Synodos significa “cammino insieme”. (...) Chi è insieme in cammino ha bisogno di una mèta chiara e di una buona via verso tale mèta. Metodo viene da methodos: “Via verso qualcosa”. Il methodos è del tutto decisivo, se si vuole che il synodos abbia un buon esito». Schönborn ha poi indicato nel Concilio degli apostoli a Gerusalemme (At 15,1-35), il modello per il metodo sinodale: pur riconoscendo l’importanza del dibattito, non si tratta di spiegare trattati teologici, o di teorizzare astrattamente, ma di ascoltare «con umiltà» la voce dei fratelli che «con parresia» testimoniano dell’agire di Dio, per accogliere nel cuore la sua volontà. L’esito di un tale cammino insieme non sarà «un compromesso politico su un minimo comune denominatore, bensì (...) il plusvalore che dona lo Spirito Santo, così da poter dire: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” (At 15,28)».