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Teologia morale: un nuovo Dizionario

Di fronte a circa un centinaio di persone, il 22 novembre scorso si è tenuta a Milano, presso la Facoltà teologica, la presentazione milanese della nuova edizione del Dizionario di teologia morale. I 4 curatori (Paolo Benanti, Francesco Compagnoni, Aristide Fumagalli, Giannino Piana) e molti autori sono membri dell’ATISM. Svariate voci sono firmate da autori ben noti ai lettori di Moralia.
La presentazione, aperta da Maurizio Chiodi e moderata da Luciano Moia, si è articolata su tre interventi: Piana ha presentato una storia chiara e sintetica della riflessione teologico-morale, e Fumagalli ha illustrato il piano dell’opera e le sue novità. Ho chiuso io la presentazione: mi è stato chiesto di soffermarmi sul contributo femminile al Dizionario.

Contributi femminili o contributo femminile?

Per comprendere l’attuale peso delle voci scritte da donne, dobbiamo considerare alcuni numeri.
La prima edizione, del 1973, vide coinvolti 63 autori per un totale di 151 voci (compreso il supplemento alla IV edizione). Un’unica donna fu coinvolta, Adriana Zarri, che produsse due voci: «donna» e «paternalismo». Non stupisce questo dato, se lo si colloca nel suo contesto storico: il Concilio era terminato da soli 8 anni, echeggiavano alcune reazioni di entusiasmo e altre di stanchezza, le Facoltà teologiche si stavano piano piano affrancando dai seminari, le donne stavano combattendo battaglie differenti rispetto alle attuali…


Stupisce, invece, il dato dell’edizione seguente, quella del 1990, quando il clima ecclesiale, sociale e culturale era differente: furono coinvolti 77 autori, per un totale di 137 voci. Una sola donna appare tra gli autori, Adriana Valerio, che scrisse la voce «femminismo». Una regressione in qualche modo, quantomeno numerica.
Nell’attuale edizione sono stati coinvolti 80 autori (in realtà, considerando le voci riviste, sono 106): tra questi 9 sono donne. E il loro contributo ha coperto tutto lo stile editoriale delle voci di questa edizione: alcune hanno affrontato voci di nuovo inserimento, altre hanno completamente riscritto voci già presenti nell’edizione precedente, altre hanno rivisto e aggiornato voci di altri autori. In totale sono 14 le voci del Dizionario a cura di donne.


In sintesi, i contributi sono questi: Helen Alford (Impresa), Carla Corbella (Educazione morale, Educazione sessuale), Maria Cruciani (Piacere), Gaia De Vecchi (Etica femminile, Scuola), Laura Palazzani (Procreazione medica assistita), Raffaella Petrini (Invecchiamento – morte), Teodora Rossi (Pornografia, Prudenza, Virtù, Virtù teologali), Alessandra Smerilli (Benessere – sicurezza sociale), Roberta Vinerba (Vocazione – stati di vita).
Il dato numerico (femminile) dell’edizione attuale può sembrare ancora scarno ma, se confrontato con la propria storia, dice qualcosa di importante.


Dice sì, che abbiamo dato dei contributI (al plurale), molto differenti per il lavoro che ci è stato chiesto (un conto è scrivere ex novo una voce, altro rivederne una, magari di qualcuno che ci fu maestro) e molto differenti per le competenze che abbiamo. Ma dice anche che abbiamo dato un contributO. Perché se guadiamo alla varietà delle nostre vocazioni ecclesiali (5 sono consacrate e in 5 ordini religiosi differenti, 4 laiche – alcune sposate con figli, altre nubili) e delle nostre voci scritte e soprattutto delle nostre formazioni (sicuramente possediamo tutte un bagaglio teologico consistente, seppur sviluppatosi in attenzioni diverse, ma presentiamo competenze anche in altri ambiti, dalla filosofia alla economia), ritengo che abbiamo dato un contributO su un duplice livello:
- a un’autocomprensione della Chiesa (sulle indicazioni di Lumen gentium e Gaudium et spes) come «popolo di Dio» (contrapposta a una Chiesa solo gerarchica e clericale) e dei suoi carismi vitali;
- a un rinnovamento della riflessione teologico-morale (in linea anche con Optatam totius, n. 16), capace sempre più di confrontarsi con altri settori del vivere umano e di altre scienze, protesa a mostrare «la vocazione dei fedeli in Cristo».


Un contributo di contributi, quindi, che non è solo al Dizionario in sé, ma che il Dizionario offre a chi vuole vivere la Chiesa e la riflessione in modo dinamico e aperto, in atteggiamento di discernimento, in sintonia con il concilio Vaticano II e le sue istanze, ma anche le recenti indicazioni dell’Evangelii gaudium.

Un contributo (reale) al dialogo e alla «rete»

Posso, in conclusione, riportare un altro contributo che il Dizionario sta già offrendo: occasioni di dialogo e di rete. Per prepararmi alla presentazione, ho scritto alle 8 colleghe per chiedere un confronto: ne è nato un interessante scambio di prospettive e accenti.
Il Dizionario è stato presentato anche presso la Pontificia università San Tommaso, più nota come Angelicum, il 19 novembre scorso, in una forma davvero interessante: un seminario per i licenziandi e i dottorandi in Teologia morale a cui erano presenti tutti gli autori del Dizionario appartenenti a quella istituzione.
La stessa presentazione milanese ha prodotto ulteriori reti. Sicuramente anche la presentazione romana avrà la sua eco: si terrà presso la Pontificia università gregoriana il 4 dicembre, e saranno presenti due curatori (Francesco Compagnoni e Paolo Benanti) oltre al card. Matteo Zuppi e ai proff. Diego Alonso Lasheras (direttore del dipartimento di Teologia morale alla Gregoriana) e Leonardo Becchetti.

 

Gaia De Vecchi è docente di religione cattolica presso l’Istituto Leone XIII di Milano. È membro dell’ATISM e fa parte del gruppo di redazione di Moralia. Ha scritto Il peccato è originale?, Cittadella, Assisi 2018.

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