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Il Regno annunciato e presente

III domenica del tempo ordinario A

Is 8,23-9,3; Sal 27 (26); 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23 

Matteo fa iniziare la predicazione di Gesù in Galilea, la «curva» o il «cerchio», secondo l’etimo del nome. Si tratta della regione incuneata tra Samaria e Fenicia, mare Mediterraneo e Giordano. Siamo dunque lontani dalla sacralità di Gerusalemme, dove si consuma il destino dei profeti; siamo in una periferia in cui il clima è del tutto diverso e migliore che non in Giudea: in primavera i prati si ricoprono di fiori e diventano il paesaggio ideale per qualche scena del Cantico dei Cantici.

È una regione ricca d’acqua: il Giordano scende tumultuoso da Tel Dan e dalle altre sorgenti per poi arrivare al lago.

Soprattutto è un distretto percorso dalle grandi strade di comunicazione che favoriscono il traffico carovaniero e militare – gradito il primo, non così il secondo –, e con una popolazione variegata che parla greco e aramaico.

A suo modo è un mondo cosmopolita, benché privo di grandi città, legato piuttosto all’ambiente agricolo, dei pescatori, dei piccoli artigiani e dei mercanti di passaggio che fanno notizia e portano notizie.

Se davvero siamo plasmati anche dal paesaggio delle nostre origini, dobbiamo pensare che Gesù non si è formato in un contesto urbano come Paolo, ma in un villaggio appena fuori del quale cominciano i campi, come appare appunto dai suoi riferimenti ai fiori campestri, agli uccelli che attraversano i cieli, alle varie stagioni del lavoro agricolo.

Gesù parla probabilmente il dialetto aramaico di Galilea, di cui i linguisti hanno scoperto alcune caratteristiche che già all’epoca lo rendevano riconoscibile e forse non comprensibile a tutti (cf. Mt 26,73, 27,47). Una volta che il Battista «è stato consegnato» (paredothe, 4,12) Gesù torna là dove è cresciuto e letteralmente «prese casa» (katokesen, 4,13) a Cafarnao.

Spenta la luce del Battista sulle rive del Giordano a Sud, rifulge la luce che porta a compimento la profezia di Isaia sulle rive del lago Kinneret. Essa coincide con la presenza di Gesù individuata da tre verbi: annunciare, insegnare, guarire (cf. 4,23). L’annuncio pare lo stesso del Battista, ovvero un richiamo alla conversione, Matteo però si premura di sottolineare il carattere preparatorio della missione di Giovanni con una citazione di Isaia (cf. 3,3), mentre evidenzia come il Regno si sia avvicinato fino a essere presente lasciando nell’assolutezza l’annuncio di Gesù, che non è accompagnato da alcuna citazione veterotestamentaria.

Segue invece la chiamata dei primi discepoli. Conviene ricordare che, secondo tradizione, normalmente è l’allievo che sceglie il maestro e non viceversa. Gesù invece, rovesciando i termini del rapporto, dà a esso tutte le caratteristiche della chiamata urgente, che viene ben colta dalle due coppie di fratelli (cf. eutheos aphentes, 4,20.22). Nonostante l’urgenza, la scena conserva tutte le caratteristiche della quotidianità: ci sono persone intente al loro lavoro e c’è un uomo che passeggia lungo le rive del lago.

È lo schema che torna sovente nelle Scritture: si è raggiunti di sorpresa là dove si è, alle prese con la vita e le occupazioni di tutti i giorni.

Gesù non pare affrettarsi, ma continua a percorrere la Galilea insegnando nelle sinagoghe, annunziando l’evangelo del Regno e guarendo ogni malattia e infermità (cf. 4,23).

Egli mantiene un rapporto con la sinagoga, del quale per altro Matteo non ci ha mai parlato finora. Adesso ci dice che la sinagoga è l’ambito naturale per ogni israelita, e quindi anche per Gesù, dove leggere studiare e fare magistero della Torah (cf. anche Lc 4,16, «secondo il suo solito di sabato entrò nella sinagoga e si alzò a leggere»; come sappiamo, legge la haftarah, ossia il passo profetico a commento della Torah).

La novità è il contenuto dell’annuncio: si tratta della buona notizia del Regno: è la prima menzione del termine euangelion in Matteo, a dire che il Regno si è reso tanto vicino da essere presente.

Infine il riferimento alle guarigioni, su cui Matteo tornerà più avanti ai cc. 8-9, si presenta come la prima realizzazione concreta del Regno annunciato. Secondo alcuni commentatori il fatto che Gesù fosse anche guaritore era abbastanza imbarazzante per la Chiesa primitiva, e perciò il dettaglio riportato da Matteo è certamente storico e tende a configurare Gesù sul modello di Elia, predicatore itinerante e guaritore.

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