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Attualità
Attualità, 6/2020, 15/03/2020, pag. 191

Uscire dal sonno

Roma e la spinta pastorale del papa

Luigi Accattoli

Un consiglio ai vescovi» era intitolata questa rubrica lo scorso maggio e il sottotitolo diceva: «Prendete 12 esploratori della Chiesa in uscita» (cf. Regno-att. 10,2019, 319s). Prevedevo che quel consiglio nessuno l’avrebbe seguito e mi sbagliavo, perché invece almeno un ascolto l’ha avuto e nientemeno che da parte del mio vescovo.

Tranquilli, non intendo dire che il papa – che sarebbe lui il mio vescovo – si sia interessato alla mia divagazione. Ma se ne è occupato il vicario, il cardinale De Donatis, che gli amici chiamano «don Angelo». In una lettera ai preti dell’11 luglio scorso citava il mio consiglio e lo girava ai parroci. Ovvero: ne faceva un argomento della già avviata formazione in ogni parrocchia di una «équipe pastorale che possa prendersi cura del cammino di tutti, custodendo la direzione comune e animando concretamente le diverse iniziative».

Suggeriva di scegliere «dodici persone», ovvero «un piccolo gruppo» e chiariva il metodo della scelta: «Non vanno cercate tra coloro che hanno dimostrato di essere prudenti, misurate e circostanziate, ma al contrario, persone “fuori dalle righe”, gente che lo Spirito Santo ha reso degli appassionati dello squilibrio».

Martini e Bergoglio
gesuiti incursori

L’espressione «persone fuori dalle righe» era nell’ultima intervista del cardinale Martini, quella in morte, pubblicata dal Corsera il 1° settembre 2012. L’idea degli «appassionati dello squilibrio» don Angelo la prende invece da papa Francesco, che il 9 maggio in San Giovanni in Laterano aveva invitato i cristiani di Roma – riuniti in assemblea diocesana – a non avere «paura dello squilibrio», argomentando che «il Vangelo è una dottrina squilibrata».

Ha del fegato il nostro don Angelo a fare suoi motti destabilizzanti di Martini e Bergoglio che sono – certo – due padri della Chiesa nel nostro tempo ma sono anche due gesuiti incursori, invocatori di novità. E infatti la curva tradizionalista l’ha ammonito per quelle parole fuori dalle righe. Guai a te se parli come il papa senza essere il papa.

Il cardinale vicario sollecitava con quella lettera i parroci a cercare «esploratori coraggiosi», vogliosi d’«incontrare», che «non si vergognano di farsi vicini ai poveri e che esercitano una certa attrazione sui giovani». Persone che converrà «ascoltare, valorizzare, lasciare agire» nell’impresa di «scomodare la sonnolenta tranquillità di tanti». Le parole sono d’ottimo suono. Ma la comunità dà segni di risveglio o continua a ronfare?

Qualche segno lo dà. Forse si è avviato un ampliamento delle persone attive. «Siamo sempre gli stessi» è il lamento storico dei collaboratori parrocchiali. Qualche faccia nuova in questa stagione si è vista. Poche, per una realtà vasta come Roma. Speriamo che riescano a calamitarne altre.

Un primo segno si è visto con il totale di 6.000 presenze alle 4 assemblee in San Giovanni dei giorni 16 (sacerdoti, consigli ed équipe pastorali), 18 (ascolto dei giovani), 19 (operatori della carità), 20 (famiglie) settembre 2019. Altre 2.000 hanno poi partecipato all’assemblea delle équipe pastorali del 29 febbraio 2020.

Non sono cifre addomesticate, assicurano i responsabili: «Ci sono le iscrizioni comunicate dai parroci e c’è la visibilità della basilica, dove è noto il numero delle sedie e dove – in questi appuntamenti – le presenze sono sempre andate oltre le prenotazioni».

Il fuoco del Vangelo
ridesta le paure

Altro segno: l’abbassamento dell’età media dei partecipanti. Dalle parrocchie a queste assemblee sono venuti più giovani rispetto al passato. Vuol dire che la costruzione delle équipe ha mosso giunture da tempo bloccate e forse sta aggregando energie nuove.

Di questi segni dava conto il cardinale vicario nella lettera di invito all’assemblea del 29 febbraio: «Il cammino che abbiamo iniziato sta ridestando, insieme a timori e paure, il fuoco della gioia del Vangelo».

«Insieme a timori e paure» dice il cardinale. I timori di sempre: quelli del nuovo, dell’ignoto, dei passi falsi. Chiami gente, dai fiducia a persone fuori dalle righe. «Faranno degli errori? Li faranno fare a te e alla comunità? È possibile», aveva scritto don Angelo nella lettera ai preti dalla quale sono partito. È sicuro che faranno errori, dico io. Ma è meglio muoversi e cadere piuttosto che addestrarsi all’uso della sedia a rotelle.

È stato abbozzato un «percorso di conversione e di rinnovamento» che dovrebbe svolgersi in 7 anni, accompagnando la comunità romana fino al Giubileo del 2025. In questa roadmap al biennio 2019-2020 è stato dato il motto Abitare con il cuore la città.

È stato detto che elemento centrale del biennio è l’ascolto: questa è stata un’indicazione del papa. Ascolto dei giovani, delle famiglie (soprattutto le famiglie giovani), dei poveri, degli ambienti, della città. Sono previsti «tavoli di ascolto» – non ancora avviati – sul lavoro, il tempo libero, il terzo settore, la politica amministrativa, la cultura, l’educazione, la salute, la cura della vita.

L’ascolto della città
è ancora da avviare

Per «tavoli» si intendono incontri dove far parlare le persone attive nei diversi settori, compresi i responsabili dei municipi, delle associazioni, di ogni realtà viva. E si dovrebbe arrivare il 21 aprile – natale di Roma – a una «tavola rotonda sulla città». Chissà se il coronavirus permetterà tutto questo. Chissà se i timori non prevarranno sulla fiducia.

Quando qui a Roma si guarda alla città tutta – in se compacta tota – lo spavento blocca le attese. Fu così con le «attese di giustizia e di carità» del convegno del 1974 e fu così nel 2015 con l’Osservatorio sulla città del cardinale vicario, che allora era Vallini. Anche quello, a similitudine della faccia ad extra dell’attuale fase d’«ascolto», aveva il compito di fare rete e osservare i bisogni dell’umanità nella quale e per la quale dovremmo essere lievito.

Speriamo che dalle gemme di novità escano i fiori e da nessun versante arrivino le gelate traditrici. Dal basso – cioè dal mio punto di osservazione – l’ascolto della città da parte delle équipe pastorali è ancora un motto di incerta interpretazione. Lo dico avendo partecipato agli incontri parrocchiali e di prefettura: così a Roma si chiamano i raggruppamenti territoriali delle parrocchie. La mia parrocchia è la Madonna dei Monti e la prefettura è la IV, detta anche di San Vitale.

Provo a tracciare un resoconto delle conversazioni che abbiamo avuto in quegli incontri sull’argomento dell’ascolto. Le riassumo in cinque punti: uno di metodo, sul come e sulle intenzioni dell’ascolto; e quattro di contenuto, riguardo ai possibili temi dell’ascolto.

Discernimento evangelico
e non criteri politici

Metodo e intenzioni. Dovremmo cercare un metodo nostro e intenzioni nostre nell’ascolto. Nostre: cioè di noi comunità cristiana. Il grido della città è vasto e alto ed è anche politico e invoca risposte alle necessità primarie, dando generalmente la precedenza ai bisogni materiali. Forse il nostro apporto non sarebbe significativo se ingaggiassimo una gara del grido con i movimenti, i gruppi, i partiti che già denunciano e chiedono.

I giovani che non trovano lavoro, la mancanza di ospizi per gli anziani soli, la droga, le devianze giovanili, il bullismo, la violenza sulle donne, la tratta della prostituzione e dell’accattonaggio, il degrado urbano, l’immigrazione, i senzatetto: sono mali che tutti denunciano. Non che possiamo ignorarli, ma forse dobbiamo trovare – per ognuno e oltre ognuno dei mali già noti – l’angolatura che è trascurata da altri, da chi procede politicamente, poniamo; e può invece essere colta da chi procede con il discernimento evangelico.

Il grido della solitudine. Il primo nostro ascolto potrebbe andare alle persone sole: la solitudine metropolitana che non risparmia nessuno, dall’anziano solo al manager sovrimpegnato, dai ragazzi perduti nella selva delle connessioni alle coppie in crisi, ai single che non hanno scelto ma subiscono la loro condizione. La comunità cristiana va ai tribolati e questa tribolazione è intorno a noi con le sue cento facce.

Il grido dell’emergenza educativa. Ascoltare i genitori e gli educatori. Aiutare tutti gli adulti a farsi educatori di tutti i bambini e i ragazzi della parrocchia e del rione. Lo spirito comunitario del rione si è affievolito. La movida riempie a sera la piazzetta ma non basta a riempire il vuoto di reale convivenza che va crescendo e che mette a rischio la tenuta dei rapporti educativi.

Il grido di chi prova a reagire. Ascoltare i cittadini attivi che reagiscono alla rassegnazione. In ogni stabile c’è una o più persone che alza lo sguardo oltre l’interesse personale, che prende l’iniziativa per dare un segno di riscatto. Per richiamare, ammonire, contrastare chi sporca, danneggia, demotiva. Interrogare chi alza lo sguardo, aiutarlo a fare rete, a mettere lievito nella pasta.

Chiese bellissime
ignorate da chi le frequenta

Il grido di chi cerca la bellezza. Ascoltare chi cerca il bello che salva. Si sente una lamentela continuata contro il degrado di una città di grande bellezza. La nostra chiesa – come le altre di tutta Roma – è bellissima ma ignorata nelle sue risorse comunicative anche da chi la frequenta. Partire da essa per aiutare chi vi entra a comprenderne il linguaggio cristiano. Promuovere la ricerca del bello nel rione.

Termino con un saluto a chi non è romano. Volevo segnalare come e qualmente spinti da papa Francesco qui a Roma proviamo a uscire dalla sindrome del declino per avviare un cammino orientato al futuro. Andiamo a tentoni. Esplorando parole nuove, nuovi contatti, gesti nuovi, capaci di dare corpo alla Chiesa in uscita. Il vento che soffia dove vuole ci spinga a questa salutifera sortita.

 

www.luigiaccattoli.it

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
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