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Attualità
Attualità, 10/2019, 15/05/2019, pag. 270

Francesco - Violenze sessuali nella Chiesa: ora niente scuse

Sulla concretezza del motu proprio "Voi siete la luce del mondo"

Federico Lombardi

Il 9 maggio scorso papa Francesco ha emanato un nuovo motu proprio, Voi siete la luce del mondo, in tema di abusi e violenze sessuali nella Chiesa. Si tratta di un documento legislativo molto importante. Attenzione! Esso non mette in luce problemi o argomenti nuovi; questi erano noti e discussi da tempo. La grande novità è che ora Francesco promulga una legge universale, valida per tutta la Chiesa, che impone sia obblighi giuridici che finora non erano così chiaramente formulati sia obblighi nuovi.

 

Il 9 maggio scorso papa Francesco ha emanato un nuovo motu proprio, Voi siete la luce del mondo, in tema di abusi e violenze sessuali nella Chiesa. Si tratta di un documento legislativo molto importante. Attenzione! Esso non mette in luce problemi o argomenti nuovi; questi erano noti e discussi da tempo. La grande novità è che ora Francesco promulga una legge universale, valida per tutta la Chiesa, che impone sia obblighi giuridici che finora non erano così chiaramente formulati sia obblighi nuovi.

Dopo il vertice di fine febbraio (cf. Regno-att. 6,2019,131) diverse voci avevano affermato che le «indicazioni e iniziative concrete» che se ne attendevano erano state scarse o deludenti. È probabile che non avessero compreso la vera natura e le dinamiche di un incontro che, in soli quattro giorni, non poteva concludere processi decisionali, ma voleva invece creare spazio per ponderare su come andare avanti per sconfiggere questa piaga.

Il vertice, infatti, ha dato un impulso forte, sia in Vaticano sia nelle conferenze episcopali e nelle Chiese locali, per promuovere iniziative più coordinate ed efficaci da parte della comunità ecclesiale.

Una certa tendenza a non voler vedere l’incontro di febbraio come un momento per girare pagina si è anche vista nelle interpretazioni scettiche sul discorso finale del papa. Ad esempio, pochi avevano notato una frase molto importante in cui Francesco, parlando del «rafforzamento e della verifica» delle linee guida delle conferenze episcopali, insisteva sul fatto che bisognava «applicare parametri che abbiano valore di norme e non solo di orientamenti. Norme, non solo orientamenti!» (cf. Regno-doc. 5,2019,144).

Chiarezza e denuncia

Ora, mentre molte conferenze episcopali hanno avviato la loro mobilitazione, anche dal Vaticano cominciano ad arrivare frutti e decisioni. Con questa nuova legge il papa, come aveva promesso, non ci ha dato solo orientamenti, ma leggi. Quasi dieci anni fa, la Congregazione per la dottrina della fede aveva richiesto a tutte le conferenze episcopali del mondo di formulare linee guida perché tutti i vescovi di una stessa conferenza procedessero in modo coerente a stabilire uffici e procedure per la segnalazione di violenze e abusi, per l’accompagnamento delle vittime, per le indagini e i procedimenti nei confronti dei colpevoli, per le misure e attività di prevenzione.

Molte conferenze hanno provveduto e molte diocesi, soprattutto nei paesi più coinvolti dal problema, hanno agito secondo le loro indicazioni. Ma il processo è ancora in corso, incontrando resistenze di varia natura e lungaggini nell’attuazione, e in ogni caso le linee guida (tranne il caso della Charter for the Protection of Children and Young People promulgata dai vescovi degli USA) non avevano valore di legge, cioè non obbligano giuridicamente i vescovi delle diverse diocesi ad attuare le misure previste.

Papa Francesco, in un colpo solo, ha superato tutti i ritardi, i dubbi e le resistenze e con la sua autorità come pastore della Chiesa universale ha obbligato tutti i vescovi, di tutte le regioni del mondo, a provvedere in un tempo assai breve – un anno! – a predisporre un sistema pubblico, affidabile e accessibile per la segnalazione delle violenze, per assicurare che le vittime siano accolte e che chi segnala sia protetto da eventuali ritorsioni.

In questa legge, quindi, ci sono cose completamente nuove. Questo è un passo cruciale. Troppe persone non sapevano a chi rivolgersi e, purtroppo, erano rimandate da una istanza all’altra con grande sofferenza e frustrazione, testimoniate da molte vittime. Ora tutti i fedeli hanno il diritto di sapere come e a chi possono denunciare un abuso o una violenza. Di fronte alla complessità delle relazioni in un sistema globale e articolato com’è la Chiesa cattolica, con tutte le sue differenze culturali e amministrative nelle varie parti del mondo, questo passo si presenta subito come di uno stupefacente coraggio.

Un altro aspetto d’importanza decisiva è che il documento afferma senza mezzi termini l’obbligo di denuncia, specificando chi ha l’obbligo e la materia dell’obbligo. Tutti i chierici e i religiosi – sia uomini sia donne – sono soggetti all’obbligo di denuncia, mentre i laici e anche persone non appartenenti alla Chiesa possono denunciare, senza essere obbligati.

Le segnalazioni possono riferirsi a violenze sessuali su minori o adulti vulnerabili, al possesso o alla distribuzione di materiale di pornografia infantile, ad atti sessuali praticati con la violenza o l’intimidazione, e all’occultamento di questi delitti anche quando quest’ultimo è praticato da autorità ecclesiastiche superiori.

Sono passi avanti molto grandi. Il coinvolgimento corresponsabile dell’intera comunità ecclesiale, di cui papa Francesco ha parlato tanto nelle sue lettere «al popolo di Dio» sugli abusi e le violenze, progredisce decisamente nella sua realizzazione: non è una pia esortazione, ma un chiaro dovere.

Questo manifesta un’altra convinzione del papa: il senso del dover fare le cose insieme. Il significato dell’incontro di tutte le conferenze episcopali radunate con i rappresentanti dei moderatori superiori degli istituti religiosi è infatti questo: «Non siete soli, pensiamo insieme, andiamo avanti insieme», in modo che non dividiamo la Chiesa fra bravi che fanno le riforme e cattivi che non le fanno. 

Un altro aspetto molto rilevante è che la denuncia delle diverse forme di abuso viene convogliata attraverso un unico canale principale, che deve avere il suo terminale in ogni diocesi. Non vi è solo la violenza sessuale su minori per mano di chierici, che ha una sua specifica gravità e procedura, ma vi sono la pornografia infantile, atti sessuali contro adulti come conseguenza di violenza o abuso di potere, l’occultamento da parte dei superiori e così via.

La differenza delle competenze nel giudicare e provvedere in questi casi diversi era spesso fonte di disorientamento. Ora si vuole che tutti i casi facciano riferimento a uno stesso sistema che dovrà provvedere a indirizzarne la trattazione nel modo adeguato. Ad esempio, le violenze o gli abusi subiti da religiose da parte di chierici devono essere denunciati e le denunce devono essere esaminate decisamente.

Altro aspetto cruciale, sviluppato nella seconda parte della legge, riguarda la procedura per l’investigazione di abusi e violenze o il loro occultamento da parte di vescovi e cardinali, nonché di superiori generali maschili e femminili. Chi segue da tempo tali tematiche sa quanta era ed è l’attesa perché vi sia una procedura chiara perché anche chi riveste ruoli di potere che di per sé non prevedono altra autorità superiore (a parte il papa), possa essere chiamato a rendere conto delle sue azioni nel campo degli abusi e delle violenze.

Il ruolo del metropolita

La cosa è stata oggetto di intense riflessioni e discussioni (è il famoso tema che in inglese viene detto dell’accountability) in particolare da parte delle conferenze episcopali dei paesi anglofoni. Anche su questo argomento il motu proprio formula con coraggio una norma universale, appoggiando la procedura da seguire su un elemento chiave della costituzione gerarchica della Chiesa, cioè la figura del «metropolita», ovvero il capo di una provincia ecclesiastica, e prevedendo da un lato tempi assai incalzanti e dall’altro la partecipazione di laici esperti e competenti in ausilio nella fase dell’indagine.

Anche in questo caso quindi, papa Francesco va decisamente nella direzione della collegialità e della sinodalità della Chiesa, da lui tanto incoraggiate e di cui tanto si è parlato nel vertice di febbraio.

Con la precisazione della prima fase (da svolgere nelle Chiese locali) delle procedure sull’occultamento e la negligenza da parte delle autorità ecclesiastiche superiori, il motu proprio dà implicitamente una spinta formidabile anche per l’attesa precisazione della seconda fase, quella in sede romana, sul giudizio conclusivo da parte del papa con l’aiuto dei dicasteri competenti della curia romana, di cui trattava già un motu proprio precedente, Come una madre amorevole (cf. Regno-doc. 9,2016,265).

Riteniamo molto opportuno che il papa non abbia atteso tutti i non facili chiarimenti giuridici sulla seconda fase. Ciò avrebbe probabilmente comportato ritardi e lungaggini. Se il nuovo motu proprio avrà il successo sperato nella sua attuazione, l’intero processo relativo ai casi di negligenza riceverà una spinta molto forte quanto alle procedure e alle decisioni. Sembra chiaro che il sistema creato per ricevere le segnalazioni in materia di abusi e violenze sessuali e del loro occultamento (coverup) sarà altrettanto utile per ricevere segnalazioni anche per tutte le forme di negligenza da parte dei vescovi.

Naturalmente il motu proprio non tratta di tutto. È una tessera importante in un mosaico di soluzioni che bisognerà completare. C’è la questione dell’educazione dei giovani  e la necessità di trasformare non solo la cultura della Chiesa ma quella delle società che non affrontano con il necessario coraggio le questioni della protezione dei minori e della prevenzione.

Per la Chiesa è di fondamentale importanza la selezione e la formazione dei candidati al sacerdozio. C’è anche da sviluppare una cultura di più intensa collaborazione con le autorità civili. Sono tutti argomenti di cui si è parlato ampiamente nell’incontro di febbraio e su cui si potranno e dovranno prendere iniziative e decisioni. Sarebbe del tutto sbagliato pensare che ora si possa archiviare il tema e abbassare la guardia. Anzi, non dobbiamo ingannarci: una legge serve in quanto è messa in pratica e spetta a tutti noi assecondare questa iniziativa del papa cercando di assicurare che il processo d’attuazione, o, come oggi si suol dire, di implementazione, vada avanti.

In ogni caso, si può dire che i motu proprio recentemente promulgati (quello relativo allo Stato della Città del Vaticano e alla curia romana e quello qui commentato) dimostrano che il papa ha intenzione di continuare su questo percorso – non sempre facile – di produrre «risultati concreti» e si auspica che altri risultati concreti, come un vademecum per i vescovi, insieme ad altre riforme siano presto annunciati.

 

Federico Lombardi

Tipo Articolo
Tema Attualità ecclesiale Francesco Santa Sede
Area
Nazioni

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