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Attualità
Attualità, 16/2017, 15/09/2017, pag. 470

Italia - 48° settimana sociale dei cattolici italiani: negare il lavoro è una violenza

Paolo Tomassone

La piaga della disoccupazione giovanile e del caporalato, il lavoro – poco e mal pagato – delle donne, le occupazioni pericolose e malsane, un sistema educativo che non prepara adeguatamente alla professione. Queste sono le conseguenze del sistema-lavoro che in Italia è da troppo tempo in stato di perenne emergenza.

 

La piaga della disoccupazione giovanile e del caporalato, il lavoro – poco e mal pagato – delle donne, le occupazioni pericolose e malsane, un sistema educativo che non prepara adeguatamente alla professione. Queste sono le conseguenze del sistema-lavoro che in Italia è da troppo tempo in stato di perenne emergenza.

Per aprire delle soluzioni è necessario un cambio di paradigma, una conversione culturale, la definizione di priorità su cui avviare un «cantiere». È per questo che il Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani ha scovato e ha raccolto nei mesi scorsi in giro per l’Italia centinaia di buone pratiche nel campo del lavoro e le ha fatte confluire nell’Instrumentum laboris diffuso il 7 settembre in vista della 48a edizione, che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre prossimi, con il tema «Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale». Una sfida a cui sono chiamati a partecipare i singoli, le comunità, la politica e le istituzioni.

Nel documento, a firma del presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro e presidente del Comitato preparatorio delle Settimane sociali, l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, ricorda che «il lavoro era e rimane un’esperienza umana fondamentale che coinvolge integralmente la persona e la comunità. Si lavora per vivere con dignità, per dare vita a una famiglia e fare crescere i figli, per contribuire allo sviluppo della propria comunità».

A destare particolare preoccupazione, però, sono i numeri: il tasso d’occupazione è più basso di 10 punti rispetto alla media europea; tra il 2002 e il 2016 tra i giovani con meno di 29 anni questo indicatore è precipitato dal 42% al 29%; oltre 2 milioni di giovani non lavorano e non studiano; mentre in Europa la disoccupazione complessiva è poco sotto il 6%, in Italia è ancora al 12% pur se in leggera discesa negli ultimi mesi.

È una questione che «ci interpella in modo particolare – si legge nel documento –. L’isolamento sociale, il senso di fallimento, il rischio di depressione sono costi umani che non possono essere dimenticati. E ciò è tanto più vero nelle regioni del Mezzogiorno dove l’aspirazione ad avere un lavoro dignitoso è troppo spesso destinata a non trasformarsi in realtà».

Un allarme arriva anche dalle statistiche che riguardano il caporalato: più di 400.000 lavoratori (italiani e sempre più spesso immigrati) di cui oltre 100.000 sono in condizioni di grave sfruttamento e vulnerabilità alloggiativa; più di 80 distretti agricoli a rischio, distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma concentrati in modo particolare nel Sud; il salario medio giornaliero percepito in nero per circa 10-12 ore di lavoro si aggira tra i 25 e i 30 euro; sono almeno 10 i lavoratori morti nelle campagne a causa del caporalato nell’estate 2015; la stima del gettito contributivo perso ammonta a 600 milioni di euro all’anno.

Tra gli «ostacoli» che l’Instrumentum laboris intravvede vi è il carico fiscale e i tempi della giustizia civile. «Un paese che dà centralità al lavoro non può tassarlo nel modo in cui accade in Italia. La riduzione del cuneo fiscale» deve essere «al più presto realizzata con risorse che vanno prese da un serio impegno nella riduzione della spesa pubblica improduttiva e nella lotta all’evasione».

E poi un monito: negare la possibilità di lavorare è un «atto di violenza». «Negare a un giovane di partecipare a questo grande progetto comune o privare un adulto della possibilità di continuare a dare il proprio contributo; sfruttare il lavoro altrui o discriminare in base all’identità di genere o razziale sono atti di violenza che lacerano il tessuto umano e sociale», si legge nel documento in preparazione dell’assise di Cagliari, che indica come anche per i migranti il lavoro sia «lo strumento più efficace per il successo del percorso d’integrazione».

La speranza non è morta

Nei mesi scorsi il Comitato promotore delle Settime sociali ha avviato un percorso di raccolta delle migliori pratiche nelle aziende, nelle pubbliche amministrazioni e nelle scuole, grazie all’aiuto di «cercatori di LavOro» inviati dal vescovo di ogni diocesi. Sono stati coinvolti sindacati, banche di credito cooperativo, associazioni di categoria e istituzioni locali. «Ciò che abbiamo imparato dalla raccolta delle buone pratiche è che la speranza non è morta. Al contrario».

Da qui l’indicazione di esperienze che – tenendo conto dei nuovi modelli di vita e di lavoro, con le novità introdotte dalla rivoluzione tecnologica e digitale – possono essere replicate in ogni parte d’Italia. Alcune di queste testimonianze saranno riassunte durante la quattro giorni di fine ottobre.

Per il segretario generale della CISL, Annamaria Furlan (cf. l’intervista qui a p. 467), se la politica vuole dare un contributo determinante al mondo del lavoro, deve «approvare una legge di sostegno alla partecipazione organizzativa e anche azionaria dei lavoratori» – e in Parlamento ci sono su questo decine di progetti legge fermi –, «introducendo la presenza dei rappresentanti eletti dai lavoratori nelle sedi dove si decide il destino delle aziende, come avviene in Germania o negli Stati Uniti».

Sono arrivati al Comitato numerosi contributi e proposte da ACLI, MLAC, Agire politicamente e da tante associazioni e diocesi che hanno promosso incontri e convegni in preparazione delle giornate cagliaritane, dove i cattolici non si ritroveranno per «celebrare un bel convegno», come ha precisato mons. Santoro: «le giornate spese insieme vogliono piuttosto segnare una tappa di un cammino sinodale volto a capire, a trovare soluzioni, ad avanzare proposte. Il nostro ritrovarci vuole essere piuttosto un modo per stare vicini a chi si trova in difficoltà».

 

Paolo Tomassone

Tipo Articolo
Tema Cultura e società Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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