A
Attualità
Attualità, 10/2013, 15/05/2013, pag. 273

Emilia - Un anno dal terremoto: dov'era e com'era. Le prospettive di ricostruzione delle chiese

E. Pirazzoli
Ci sono convegni «che non si sarebbero mai voluti fare»: così Adriano Guarnieri, vicepresidente della Fondazione Lercaro di Bologna, ha salutato l’apertura dei lavori della giornata di studi dedicata a «Chiese e terremoto. Prospettive di ricostruzione», organizzata per il 16 maggio, a un anno dal sisma emiliano, a Bologna, presso la sede di Dies Domini – Centro studi per l’architettura sacra e la città. Più di un giornalista lo ha definito il «terremoto delle chiese» o «dei campanili » e in effetti le immagini di diversi orologi dei campanili fermi alle 4.03 del 20 maggio 2012 sono diventate il simbolo dei danni subiti dalle molte cittadine e frazioni colpite dalle scosse. Le chiese, ma anche le rocche, le torri civiche e poi i capannoni delle fabbriche, oltre alle abitazioni. Il terremoto ha sconvolto la Bassa padana, il suo tessuto produttivo e quello sociale, soprattutto per il suo essere completamente inatteso (Cf. Regno-att. 12,2012,367ss.).

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Attualità, 2012-2

Ex Iugoslavia - Crimini di guerra: tra politica e riconciliazione. Intervista a F. Pocar

E. Pirazzoli
Nel corso del 2011, a distanza di pochi mesi, le indagini e i processi per i crimini nella ex Iugoslavia hanno portato alla sentenza di condanna per il generale croato Ante Gotovina (insieme a Mladen Markac?) e all’arresto di Ratko Mladic?, generale nell’Armata popolare di Iugoslavia e capo di stato maggiore dell’Esercito della Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina: nelle rispettive patrie ci sono state manifestazioni e presidî permanenti, soprattutto di ex combattenti, per chiedere la loro liberazione. A Zagabria uno dei temi di rivendicazione era quello reducista: «Quello che ha fatto Gotovina l’abbiamo fatto tutti, arrestate anche noi, allora», mentre parallelamente si è registrato in quei mesi un calo di adesione al progetto di ingresso della Croazia nell’Unione Europea (poi approvato nel referendum del 22.1). Rispetto alla situazione serba, il procuratore Serge Brammertz ha dichiarato che quel paese ha ora un’importante opportunità: «Quella di aiutare i propri cittadini a capire perché Mladic? è stato arrestato e perché la giustizia richiede che egli venga processato».
Attualità, 2011-12

Europa - Ex Iugoslavia: fiori alla memoria. Impressioni di viaggio e considerazioni storiche

E. Pirazzoli
rent’anni fa la Iugoslavia era una delle mete più comuni per le vacanze di noi italiani. Trent’anni fa la Iugoslavia era anche, per almeno un terzo degli italiani, un modello possibile di comunismo, non allineato all’URSS, mobile, moderno, indipendente e adeguato al paese. Negli anni Ottanta, alla morte di Tito, la situazione inizia a cambiare a livello economico e politico. Ma non le spiagge, non le montagne. Nel 1984 una delle sue città, Sarajevo, viene scelta come sede dei XIV Giochi olimpici invernali, attorno al monte Igman. Una scelta che stupisce, dato che la partecipazione nazionale iugoslava alle olimpiadi non era mai stata particolarmente rilevante. Poi, vent’anni fa, la Iugoslavia esplode. Negli anni Novanta noi, a pochi chilometri di distanza, sentivamo al telegiornale che quelle che erano state le mete delle vacanze erano ora luoghi di assedio, battaglie, massacri compiuti da cecchini contro la popolazione inerme, stupri etnici, fosse comuni. La Repubblica socialista federale non aveva retto. Pulsioni nazionaliste, differenze religiose, ma soprattutto motivi economici e particolarismi leaderistici avevano generato un guerra fratricida: tra fratelli che si sentivano costretti a vivere insieme, ma che pure lo avevano fatto per lungo tempo, intrecciandosi, sposandosi, stemperando le appartenenze identitarie (e familiari) soprattutto nei crogiuoli delle città multietniche.