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Attualità
Attualità, 16/2012, 15/09/2012, pag. 569

Il concilio Vaticano II nel ricordo di un testimone. Che cosa significa per me

F.-X. Kaufmann
L’11 ottobre 1962, con il discorso Gaudet mater Ecclesia, Giovanni XXIII apriva solennemente il concilio Vaticano II, «un’impressionante autoriforma della coscienza della Chiesa nell’orizzonte della modernità» (F.-X. Kaufmann). Cinquant’anni dopo, la Chiesa cattolica è come allora alle prese con turbinosi cambiamenti del paradigma sociale e antropologico, che s’innestano sulla postmodernità come allora erano generati dalla modernità. E si chiede – per esempio con l’imminente Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e con l’Anno della fede che inizia non casualmente lo stesso 11 ottobre – come rendere comprensibile il messaggio del Vangelo per l’uomo contemporaneo, come cogliere e interpretare le domande di quanti «sono… in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo» (Benedetto XVI). «La continuità del Concilio e della sua attuale interpretazione consiste nel vivere la fede trasmessa e la pratica a essa corrispondente in modo che vengano percepite come ulteriore sviluppo del messaggio originario» (P. Walter), dando piena attuazione allo stile di «contemporaneità critica» affermato dal Vaticano II.

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