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Attualità
Attualità, 14/1998, 15/07/1998, pag. 453

Teologia mariana: Nessun altro dogma

F. Bosin

TEOLOGIA MARIANA: Nessun altro dogma.

TEOLOGIA MARIANA.

Una riflessione dalla Pontificia facoltà teologica "Marianum" circa la richiesta

del nuovo dogma su Maria.

Nessun altro dogma.

Da quando in Italia, come in altri paesi del mondo, l'organizzazione laica "Vox Populi Mariae Mediatrici" ha promosso con una petizione (cf. Regno-att. 16,1997,469; Regno-doc. 17,1997,532) la raccolta di firme da presentare a Giovanni Paolo II, affinché definisca il dogma di Maria "corredentrice, mediatrice, avvocata", si susseguono, da più parti, i contributi di noti teologi, pastori e fedeli che molto spesso divergono nella valutazione sia dell'opportunità di un pronunciamento magisteriale così impegnativo, sia della plausibilità teologica dei termini con cui si vorrebbe definire il "quinto" dogma mariano. Soprattutto i più favorevoli al pronunciamento del dogma sembrano però ignorare le indicazioni contenute nella dichiarazione della Commissione teologica istituita per volere della Santa Sede in seno alla Pontificia accademia mariana internazionale e in accordo con la congregazione per la dottrina della fede. In quel documento (cf. Regno-doc. 17.1997,530-533) si sottolineava l'"impraticabilità" dei titoli proposti per il dogma mariano � in modo particolare quello di "corredentrice" � e si indicava come strada da percorrere, in vista di una seria e rinnovata attenzione alla persona della madre di Gesù, l'approfondimento delle questioni relative alla mediazione di Maria e alla sua funzione di avvocata nell'ambito della maternità spirituale.

         La Pontificia facoltà teologica "Marianum"di Roma, da sempre attenta e sensibile a ogni autentica promozione degli studi mariologici in ambito internazionale, in sintonia con il pronunciamento della Pontificia accademia mariana internazionale, ha organizzato il 28 maggio u.s. presso la stessa facoltà teologica un incontro informale in cui, anche attraverso il contributo di noti teologi e mariologi, si è riproposta di riflettere sul problema in questione. In particolare assai significativa è stata la relazione del prof. Ignacio M. Calabuig Adan, preside del "Marianum", dal titolo "Riflessione sulla richiesta della definizione dogmatica di "Maria corredentrice, mediatrice, avvocata"".

Fuori del contesto storico ed ecclesiale

         Senza alcuna pretesa di risoluzione dei diversi problemi inerenti alla possibilità della formulazione dogmatica, p. Calabuig ha offerto una sintesi documentata in cui ha mostrato che se, da un lato, la dottrina sulla cooperazione di Maria all'opera della salvezza e sulla "mediazione materna"che ella svolge in favore di tutti gli uomini è una dottrina formalmente riconosciuta e insegnata dalla chiesa � al riguardo imprescindibile è il riferimento all'insegnamento della Lumen gentium del Vaticano II �, dall'altro lato appare assai difficile oggi poter avanzare una proposta di definizione dogmatica di tale dottrina, soprattutto se si volesse formularla attraverso l'utilizzo dei titoli mariani di corredentrice, mediatrice e avvocata.

         Ne è prova il fatto che la maggioranza dei teologi cattolici concorda con la dottrina della Lumen gentium sulla cooperazione di Maria all'opera della salvezza, mentre la divisione di vedute appare chiaramente ogniqualvolta i teologi discutano sulla plausibilità o meno dei tre titoli mariani. Ma in fondo il vero problema � ha osservato p. Calabuig � deve essere ravvisato nelle intenzioni di chi continua a perorare il dogma mariano, le quali molto spesso mancano di una ponderata riflessione sul valore e sui motivi richiesti da un "dogma di fede". È indubbio infatti che ogni pronunciamento dogmatico è strettamente legato ad una ben precisa dinamica storica ed ecclesiale: un dogma non è fine a se stesso, ma sorge come risposta ai problemi dottrinali, spirituali e morali degli uomini di un determinato tempo. Lo stesso dogma dell'assunzione di Maria, del 1950, non fu solo l'affermazione solenne di una verità di fede, ma anche una risposta precisa all'ideologia materialista del tempo. Appare chiaro quindi che lungo i secoli vari dogmi sono stati definiti come risposta della chiesa a sovvertimenti ereticali che compromettevano il contenuto della vera fede. A questo punto sorge naturale la domanda: vi è oggi qualcosa di simile che renderebbe necessaria la formulazione dogmatica sulla cooperazione di Maria all'opera della salvezza, quasi fossimo in presenza di un movimento di pensiero che neghi in modo sostanziale la dottrina insegnata dal concilio Vaticano II ? Chiaramente l'interrogativo permane e obbliga a un continuo discernimento, tuttavia non può essere oggi considerato come un motivo tale da obbligare la chiesa a un pronunciamento magisteriale così importante.

Fuori del magistero

         Problematica risulta anche la scelta dei tre titoli corredentrice, mediatrice e avvocata, sia per quel che riguarda i titoli in se stessi, sia per alcuni aspetti particolari della dottrina soggiacente a ciascuno di essi. In modo particolare il termine corredentrice resta uno dei punti più spinosi e la sobrietà con cui ne fa uso il magistero è indice di come esso appaia estremamente ambiguo e quindi alla fine non utilizzabile. Come ha sottolineato p. Calabuig rifacendosi alle tesi del teologo Angelo Amato, il titolo corredentrice, anche se per un verso può essere veicolo di un contenuto corretto in rapporto al deposito della fede, dall'altro molto spesso risulta suscettibile di un'interpretazione erronea. Infatti è fuorviante, linguisticamente e teologicamente parlando, cercare di porre sullo stesso piano Cristo "unico redentore" e Maria. Se Maria viene definita come la "redenta nel modo più perfetto" come si potrà parlare di lei quale "corredentrice"? La relazione che lega il Figlio alla madre è asimmetrica. Gesù è il redentore e il salvatore di sua madre, come lo è di ogni uomo che crede in Lui. Questo non significa misconoscere il fatto che Maria resta colei che è stata redenta e salvata nel modo più perfetto.

         La tesi comunque non è condivisa dal teologo più in vista nel movimento "Vox Populi Mariae Mediatrici", l'americano Mark Miravalle, come da altri teologi fra i quali l'italiano Brunero Gherardini. Anche qui il problema di fondo va ricercato nel modo con cui si vuole fondare un asserto teologico a partire dai documenti magisteriali. Proprio il termine coredemptrix (corredentrice) non è mai menzionato nei grandi documenti del magistero conciliare e pontificio di questi ultimi decenni. Basti ricordare qui, come esempio, la costituzione dogmatica di Pio XII Munificentissimus Deus (1950) e le sue due encicliche Fulgens corona (1953) e Ad caeli Reginam (1954), il capitolo VIII della Lumen gentium del Vaticano II (1964), le esortazioni apostoliche di Paolo VI Signum magnum (1967) e Marialis cultus (1974); e di Giovanni Paolo II l'enciclica Redemptoris Mater (1987), così come le settanta catechesi mariane da lui pronunciate nel corso degli anni 1996-1997. È pur vero che il termine ricorra � solamente dieci volte � in alcune allocuzioni del santo padre pronunciate durante l'Angelus. Tuttavia ogni teologo, seguendo con rigore le regole classiche dell'ermeneutica magisteriale, non può trascurare il fatto che un allocuzione del papa fatta durante l'Angelus non appartiene in senso stretto al magistero. La conclusione in tal caso sembra imporsi da sé. Già nella dichiarazione della Pontificia accademia internazionale si può leggere: "Desta sorpresa che il movimento definitorio chieda al magistero pontificio di procedere ad una definizione dogmatica di un titolo verso il quale esso nutre riserve e sistematicamente scarta".

Fuori della ricerca ecumenica

         Infine, anche se molti altri sono i punti toccati ampiamente nella relazione del prof. Calabuig e di cui non si può trattare qui più ampiamente, non può essere tralasciato il discorso sulla prospettiva ecumenica. Qualora la chiesa cattolica decidesse di definire solennemente questo nuovo dogma mariano, saremmo già ora in grado di prevedere gravemente compromessi gli sforzi che da molti anni impegnano le varie confessioni cristiane divise nel tentativo di un'unità reale ed autentica. Citando alcuni punti della Unitatis redintegratio e della Ut unum sint di Giovanni Paolo II, p. Calabuig ha sottolineato come la chiesa cattolica si sia impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, e di come questa via sia voluta e continuamente tracciata dallo Spirito Santo. E i frutti di questo impegno si riscontrano anche nel discorso mariologico, da sempre visto come una delle costanti delle divergenze soprattutto fra cattolici e protestanti (è doveroso ricordare qui il recente contributo del gruppo ecumenico di Dombes Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi; Regno doc. 3,1998,95-120 e 5,1998,183-200).

         Solamente questa breve sintesi informativa sarebbe sufficiente per far emergere alcune delle difficoltà che nascono da questa proposta così singolare. Resta d'obbligo un atteggiamento di rispetto doveroso verso chiunque si impegna � pur con prospettive diverse � ad approfondire con onestà e verità la dottrina sulla beata Vergine. Tuttavia è causa di sofferenza e disagio costatare che iniziative, come quella del movimento "Vox Populi Mariae Mediatrici", producano divergenze assai forti, spesso accompagnate da reciproche diffidenze, contrapposizioni se non addirittura da pericolose classificazioni � essere pro o contro la devozione a Maria, progressisti o conservatori, a seconda dell'orientamento favorevole o contrario alla definizione dogmatica � che non fanno altro che produrre confusione e divisione nella chiesa. "Il teologo cattolico che non aderisce al movimento per la definizione dogmatica di Maria corredentrice, mediatrice, avvocata � afferma p.Calabuig al termine della sua riflessione � non lo fa né per opportunismo, né per falso irenismo, né perché rinunci al raggiungimento della verità tutta intera del ruolo di Maria di Nazaret nella storia della salvezza, ma perché, per raggiungere quella verità, preferisce percorrere, sotto la guida del magistero, il cammino ecclesiale del dialogo e della ricerca in comune".

 

         Fabrizio Bosin

 


 

La richiesta avanzata dal movimento "Vox Populi Mariae Mediatrici"

 

circa la definizione del dogma su Maria "corredentrice, mediatrice,

avvocata" produce nella chiesa divergenze, sofferenza, disagio.

"Il teologo cattolico che non aderisce al movimento" non rinuncia

al raggiungimento della verità tutta intera del ruolo di Maria

nella storia della salvezza, ma "preferisce percorrere,

sotto la guida del magistero, il cammino ecclesiale

del dialogo e della ricerca in comune".

 

Tipo Articolo
Tema Teologia
Area Indefinita
Nazioni